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SVIZZERARifugiati ucraini, Beat Jans: «Devono fare uno sforzo per trovare lavoro»

09.05.24 - 22:06
Il responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia sprona i governi a una maggiore incisività
Foto Deposit
Fonte TAGES-ANZEIGER
Rifugiati ucraini, Beat Jans: «Devono fare uno sforzo per trovare lavoro»
Il responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia sprona i governi a una maggiore incisività

BERNA - In pochi lavorano e l'integrazione passa anche da un inserimento occupazionale. Il riferimento è ai rifugiati ucraini e chi ne è convinto è il responsabile del Dipartimento federale di giustizia Beat Jeans, che ha consegnato in un'intervista concessa al quotidiano TagesAnzeiger le sue convinzioni in proposito.

«Gli ucraini devono fare un sforzo maggiore per trovare lavoro» - Tutti devono semplicemente mettersi al lavoro - ha dichiarato - il governo federale, i cantoni, le aziende. Ma anche i cittadini ucraini. Devono fare uno sforzo ancora maggiore per trovare lavoro».

Lo sprone si affaccia sull'esiguità percentuale dei rifugiati ucraini occupati: solo il 24% di loro lavora. E il dato trova un riscontro empirico nelle confidenze fatte da alcuni imprenditori allo stesso "ministro".

«Ho parlato anche con imprenditori che mi hanno detto: "Siamo pronti. Possiamo anche trattare con persone che parlano lingue straniere e abbiamo posti di lavoro vacanti. Ma nessun rifugiato ucraino si candida". Qui è necessario un passo in più - avanza spedito Beat Jans - un migliore coordinamento. Se i cantoni fanno troppo poco per l'integrazione, ci saranno problemi».

Il fatto però è che molti rifugiati sono donne con bambini e alcune di loro non possono permettersi l'assistenza all'infanzia e quindi non possono lavorare.

«L'assistenza all'infanzia deve essere organizzata a livello locale - ha dichiarato Beat Jans al Tages - i cantoni sono responsabili in questo caso. Ora hanno un dovere. Ecco perché il Consiglio federale sta aumentando la pressione sui Cantoni. Affinché creino le condizioni quadro necessarie».

I cantoni devono fare di più - L'invito ai Cantoni è molto chiaro: devono fare di più. Questo perché il Consiglio federale si attende che «entro la fine del 2024 il 40% dei richiedenti protezione» trovi un lavoro, percentuale che arrivi al «45% entro la fine del 2025». Stabilire comunque quali siano i cantoni più virtuosi e quelli più dissoluti non è così semplici, perché entrano in gioco fattori e variabili differenti, come l'apprendimento della lingua: «Ad esempio - ha specificato il responsabile del Dipartimento di giustizia - per i rifugiati è più facile imparare il tedesco che il francese. I cantoni francofoni sono quindi svantaggiati».

Sull'idea di dare un normale permesso di soggiorno a un rifugiato ucraino non appena inizia a lavorare, pur approvandola Beat Jans chiarisce che «Il Consiglio federale deciderà in merito in autunno nel contesto generale», tenendo contro anche «della situazione in Europa».

«Lo statuto S non va cancellato - Ripensare lo status di protezione S: la questione è stata posta proprio dal "ministro". «Ci troviamo in un dilemma. Vogliamo che le persone tornino nella loro terra, ma vogliamo anche che lavorino qui. Le persone si stabiliscono qui, i loro figli vanno a scuola, fanno amicizia. Più le persone sono integrate nel mercato del lavoro, più sarà difficile dire loro a un certo punto: "Dovete tornare in Ucraina"».

E sullo statuto S c'è anche la levata di scudi di Pierre Alain Schnegg, membro del governo cantonale di Berna, e dell'UDC che chiedono la cancellazione dello status S perché se ne abuserebbe: girano passaporti falsi e persone di etnia rom che si spacciano per ucraini. Beat Jeans stoppa il fronte di chi fa notare questa anomalia calando i numeri delle contraffazioni scoperte.

«Il numero di passaporti falsi è relativamente basso - ha detto - finora abbiamo scoperto poco meno di 30 casi. Gli esperti dell'Ufficio federale delle dogane e della sicurezza delle frontiere supportano la SEM (Segreteria di Stato per la migrazione) nei controlli. I passaporti acquisiti illegalmente, invece, sono difficili da riconoscere. Anche in questo caso, però, la SEM segue costantemente ogni pista. Inoltre, non c'è più assistenza al rimpatrio per le persone provenienti da alcuni oblast occidentali».

E spazza via ogni perplessità riguardo al fatto di mantenere lo statuto di protezione. «Finora il Consiglio federale ha chiaramente ritenuto che la cancellazione dello status S non sarebbe utile - conferma - probabilmente porterebbe a un gran numero di persone che chiedono asilo. Poi verrebbero ammesse temporaneamente perché non possiamo rimandarle in una zona di guerra. Quindi non guadagneremmo nulla. Non faremmo altro che incanalare le persone in una procedura di asilo, che comporterebbe molti sforzi. Inoltre, se fossimo l'unico Paese ad adattare le regole, nemmeno questo aiuterebbe. Ciò che conta è ciò che viene deciso a livello internazionale».

«I rom con passaporto ucraino devono lasciare la Svizzera» - Però la realtà è che diversi cantoni rilevano che i Rom stanno improvvisamente scomparendo, mischiandosi - statuto di protezione S in mano - a chi legittimamente ha diritto a quel "paracadute" politico di protezione. «Prendiamo molto sul serio questa accusa e stiamo indagando. È chiaro che non vogliamo che il nostro sistema di asilo venga abusato. Le singole famiglie rom rappresentano spesso un'ulteriore sfida per i Cantoni e i Comuni - ha dichiarato al quotidiano zurighese Beat Jans - perché non mandano i figli a scuola o lasciano improvvisamente un villaggio. Finora non abbiamo registrato l'etnia di coloro che chiedono protezione. Per questo non possiamo dire quanto sia grande il problema. Ma alcuni rom hanno anche due passaporti. Hanno un'altra nazionalità oltre a quella ucraina».

Spesso, come è noto, si tratta però anche di passaporti ottenuti illegalmente: su questo punto, il "ministro" di Giustizia non indietreggia di un passo. «I rom ucraini con due passaporti devono lasciare la Svizzera e recarsi nel loro secondo Paese».

Il problema dei cittadini maghrebini che usano i centri di accoglienza per fare il weekend - Durante l'intervista è tornato fuori l'argomento dei cittadini maghrebini che si presentano ai centri di accoglienza per trascorrere il weekend e far serata e poi lasciano la sede il lunedì prima di essere registrati. «Dobbiamo garantire che le persone vulnerabili abbiano accesso ai centri per richiedenti asilo - ha spiegato il ministro - per questo stiamo studiando un sistema di registrazione a chiamata durante il fine settimana, invece di chiudere i centri. Ciò significa che le impronte digitali saranno prese anche nei fine settimana. L'effetto è lo stesso, ma possiamo garantire la protezione delle persone vulnerabili».

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